Si dice che un’immagine vale più di mille parole e credo non vi siano dubbi sulla veridicità di questa affermazione.
L’ultima, in ordine di tempo, è l’immagine di copertina di questo articolo. Una foto scattata il 6 Marzo 2016 nel campo profughi di Idomeni, in Grecia.
E’ la foto di un neonato che viene lavato con una bottiglia d’acqua, nel gelo di un campo invaso dal fango (vi ricorda nulla?).
Immagini come queste raccontano, più di quanto possano fare un milione di parole, una storia. Puoi raccontarla a voce quante volte vuoi, ma l’impatto emotivo che da una foto non è paragonabile.
La fotografia è un linguaggio universale, ci sono foto rimaste impresse nella memoria di tutti che ricorderemo a lungo: l’uomo in piedi davanti ai carri armati in piazza Tiananmen, la ragazzina nuda che corre dopo un’attacco al napalm in Vietnam, i soldati che alzano la bandiera americana a Iwo Jima, il bacio fra il marinaio e l’infermiera alla fine della seconda guerra mondiale e così via.
Foto che possono ritrarre storie tristi, felici o drammatiche, ma che resteranno per sempre nella memoria delle persone. Alcuni dei diversi articoli che raccontano di queste foto titolano “Foto che hanno cambiato la storia” a mio parere, purtroppo, nessuna foto farà cambiare il corso della storia. L’uomo ricorda, ma non impara. Quasi mai. Dubito infatti, che la foto di copertina, che racconta un fatto che non sta accadendo qui, ma che sta accadendo ORA, lasci il segno per più di qualche minuto sulla solidarietà delle persone. Ricorderanno questa foto per sempre, rabbrividiranno al pensiero, ma non cambieranno di una virgola l’idea che hanno sull’accoglienza, la migrazione, la solidarietà.
Le foto possono raccontare sicuramente la storia, cambiarla è tutta un’altra storia.
E’ piuttosto complicato sceglierne solo alcune, vi propongo quelle che mi hanno colpito di più, proposte in ordine sparso, senza nessuna voglia (e necessità) di stilarne una classifica.
Vietnam napalm girl
Sicuramente una delle foto più famose.
8 giugno 1971, Vietnam. Nel villaggio Trang Bang vengono sganciata alcune bombe al napalm, Phan Thị Kim Phúc, che all’epoca aveva nove anni, fugge completamente nuda ustionata dal napalm. Subì 17 interventi in 14 mesi.
Il fotografo Nick Út, vinse il premio Pulitzer e, nel 1972, la foto fu scelta come World Press Photo of the Year.
La bambina si è salvata, da adulta si è trasferita in Canada ed è stata poi, nel 1997, nominata ambasciatrice dell’UNESCO.
Raising the Flag on Iwo Jima
Famosa e controversa, scattata il 23 febbraio 1945 a Iwo Jima, alla fine di una battaglia per conquistare la vetta del monte Suribachi ai giapponesi. Vinse il premio Pulitzer nel 1945.
Foto oggetto di forti controversie, il fotografo, Joe Rosenthal, fu accusato di aver ricreato l’immagine mettendo in posa i soldati. Lui però si difende affermando che, quando rispose di averli messi in posa non si riferiva a questo scatto ma ad uno immediatamente successivo, dove i soldati sono effettivamente in posa come in una foto ricordo.
C’è da dire che Rosenthal arrivò il giorno dopo la battaglia e che quello da lui fotografato era il secondo alzabandiera, il primo, con una bandiera più piccola, era stato fotografato da un soldato.
Morte di un miliziano
Nel 1936 Robert Capa (pseudonimo di Endre Ernő Friedmann) divenne famoso per questa foto scattata a Cordoba dove è riuscito a cogliere, sembra per caso, il momento esatto della morte di un miliziano durante la guerra civile in Spagna. E’ una delle foto di guerra più famose, anche questa spesso accusata di non essere autentica.
Tank Man
Anche questa indimenticabile: Piazza Tienanmen nel 1989, un uomo ferma una colonna di carri armati. Ci sono diverse versioni di questa foto, quella più famosa è quella scattata da Jeff Widener, dal sesto piano dell’hotel di Pechino, lontano all’incirca 800 metri, con una macchina fotografica dotata di un obiettivo da 400 mm e di un moltiplicatore di focale.
Speranza per una nuova vita
Una foto recentissima che ha vinto il World Press Photo 2016. La foto e’ stata realizzata dall’australiano Warren Richardson a Röszke, sul confine tra la Serbia e l’Ungheria. In una foto, mossa e fuori fuoco, tutto il dramma dei profughi, un padre che passa il figlio ad altre braccia attraverso il filo spinato.
La foto è stata scattata di notte, senza flash, per evitare che la polizia intercettasse queste persone.
V-J day in Times Square
Uno dei baci fotografici più famosi, quello fra Glenn McDiffie ed Edith Shain, che Alfred Eisenstaedt riprese il 15 agosto 1945, a Times Square durante il V-J Day, il giorno della resa del Giappone che decretò la fine della seconda guerra mondiale.
Diverse coppie si presentarono alle redazioni dei giornali affermando di essere loro le persone riprese, visto che non si vedono i volti, le due persone furono poi scoperte, grazie all’aiuto di uno specialista di arte forense, solo nel 2007.
Lunch atop a Skyscraper
E’ la foto più famosa di Charles C. Ebbets, credo una di quelle più utilizzate nelle classiche stampe che si trovano un po’ in tutti i negozi che trattano quadri e simili.
E’ la “pausa pranzo” degli operai che lavoravano alla costruzione del GE Building del Rockefeller Center, scattata nel 20 settembre 1932.
Il saluto del “black power”
Olimpiadi del 1968, alla premiazione dei 200 metri piani, Tommie Smith e John Carlos, terzo classificato, si presentarono a piedi scalzi ed alzarono il pugno chiuso guantato in nero in segno di protesta contro il razzismo e in appoggio alle lotte per il potere nero.
Il secondo classificato, Peter Norman, un australiano, per solidarietà con i due atleti afro-americani indossò durante la cerimonia la coccarda dell’Olympic Project for Human Rights.
Stricken child crawling towards a food camp
Una delle foto, a mio parere, più scioccanti oltre ad una dura accusa per il genere umano che permette situazioni del genere.
Kevin Carter, fotografo sudafricano, diventò fotografo per documentare le crudeltà che la guerra civile aveva portato in Sudafrica. Questo suo lavoro lo sconvolse, per tutto quello a cui assistiva, anche se consapevole che le sue foto potevano accendere l’interesse dell’opinione pubblica su ciò che stava accadendo.
Durante un periodo di pausa con il suo giornale si spostò in Sudan per documentare la guerra civile in corso e la carestia che stava sconvolgendo il paese. La foto qui sopra è stata scattata in quel periodo, un bambino, fortemente denutrito, che si accascia al suolo ed un avvoltoio sullo sfondo che sembra attendere solo la sua morte. Con questo scatto vinse il Pulitzer.
Questa foto fu oggetto di forti controversie, controversie che nel caso di fotografi e situazioni limite ci sono sempre: fino a dove è lecito spingersi?
Inoltre la gente si chiedeva che fine avesse fatto il bambino (o bambina) ritratto nella foto. Carter non fu mai chiaro riguardo l’episodio. Tutto questo clamore colpì molto il fotografo che aumentò l’uso che già faceva di droghe e cadde in depressione.
Si suicidò lo stesso anno della vittoria del Pulitzer.
Hans Conrad Schumann salta attraverso il filo spinato
Il primo che riuscì a fuggire a Berlino Ovest, il 15 Agosto 1961, con il muro ancora in costruzione, fu Conrad Schumann. Un militare diciannovenne che approfittò della disattenzione dei suoi commilitoni e spiccò un salto sopra al filo spinato.
Pare che il fotografo, Peter Leibing, in attesa da ore, istigasse i militari a disertare, evidentemente Conrad, che aveva probabilmente dei dubbi, si fa convincere e salta.
Conrad fu il simbolo della guerra fredda, la Stasi cercò in tutte le maniere di farlo tornare, facendo anche pressioni sulla famiglia rimasta nell’est, ritornò solo nel 1989, dopo la caduta del muro, ma la famiglia si rifiutò di incontrarlo.
Morì suicida nel ’98.
Ce ne sarebbero decine di altre, impossibile elencarle tutte.
Quali hanno colpito voi?