Le notti degli altri
Le strade erano quasi deserte a quell’ora, troppo tardi per la frenetica vita dei comuni cittadini, troppo presto per quella del popolo della notte. Le fredde luci al neon dei locali notturni avevano appena iniziato a colorare le strade e gli unici negozi aperti erano i drugstore ad orario continuato.
Il vento gelido spazzava via i giornali abbandonati sulle panchine ed alzava polvere di neve farinosa che creava fantastici mulinelli nell’aria, dopotutto, pensò Jack, con un tempo del genere perchè qualcuno avrebbe dovuto essere li, in strada, a passeggiare?
Tirò su il bavero del giaccone e si strinse nelle spalle, il freddo era pungente ed era quasi impossibile fermarlo, ma Jack non ci faceva caso, le sue preoccupazioni, i suoi pensieri, erano altri.
Girò a sinistra sulle West 86th street verso Central Park, gli piaceva passeggiare nel parco, lo rilassava. Di solito entrava proprio dalla 86th e proseguiva costeggiando il lago, The Reservoir come lo chiamano i newyorkesi, ogni volta che lo faceva gli tornava inevitabilmente in mente un giovanissimo Dustin Hoffman che si allenava lungo le sue rive e, altrettanto inevitabilmente, gli tornava in mente Rachel…
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“Il maratoneta” era stata la loro prima uscita, l’inizio della loro storia… ci aveva messo quasi sei mesi per convincerla ad uscire con lui, ai tempi della High School, lui non era certo il quaterback muscoloso che aveva fatto vincere i play off alla squadra della scuola l’anno precedente, era un ragazzo semplice, anzi, piuttosto anonimo, non si faceva certo notare troppo, e Rachel era la ragazza più carina della scuola… perlomeno dal suo punto di vista.
Sei mesi di corteggiamento discreto, quasi invisibile, lentamente lei aveva iniziato ad accorgesi delle piccole attenzioni che lui le rivolgeva ed aveva iniziato ad apprezzarle, fino al giorno in cui –finalmente- aveva accettato il suo invito per il classico cinema e la classica pizza.
Da allora non si erano più separati.
Non avevano avuto figli, Rachel non poteva, quello era stato forse l’unico rimpianto della loro vita e l’unico periodo di crisi, ma anche in quel frangente erano rimasti uniti ed innamorati… trent’anni insieme e mai un ripensamento.
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La nevicata aveva coperto di bianco le sponde ed il viale lungo il Reservoir e risultava difficile camminare, deviò quindi per uno dei tanti viali i cui alberi avevano fatto da ombrello e protetto meglio i sentieri dalla neve.
I suoi passi risuonavano ovattati, così come del resto tutti i rumori della città, la neve attutiva maggiormente quel caos già filtrato dagli alberi, la luce dei lampioni disegnava strane ombre sul manto bianco ancora immacolato, non sarebbe rimasto così per molto, l’indomani mattina il parco sarebbe stato invaso da una folla di ragazzini impazziti intenti a battagliare a palle di neve e modellare pupazzi.
Uscì sulla 5th Avenue, gli spazzaneve erano già passati, le strade erano libere e scorrevoli, dall’altra parte della strada un barbone frugava in uno dei tanti cassonetti all’angolo della strada, quanti ne aveva visti Jack nelle sue interminabili passeggiate notturne, e quanti altri personaggi aveva incontrato, solitari agli angoli delle strade che passavano bustine e prendevano soldi, sdraiati o semisvenuti nel parco dopo una dose troppo forte, appoggiate ad un lampione a vendere mezz’ora di felicità a qualche obeso personaggio di mezza età che arrivava con la sciarpa tirata fin sopra il naso nella speranza di non farsi riconoscere.
Anche questo serviva a fargli ricordare…
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Rachel…
Si, perchè Rachel aveva a che fare con tutto questo disperato e variopinto popolo notturno, era impegnata in una serie infinita di organizzazioni di volontariato che si occupavano di problemi sociali, organizzava serate per raccogliere fondi, preparava campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, era insomma, quel che si dice, un’attivista. Ma non faceva tutto questo per noia, per vantarsi o per sentirsi a posto con la coscienza, lo faceva perchè ci credeva, lo sentiva dentro, fin nel profondo.
Credeva nella possibilità di un mondo migliore e più giusto.
Prestava anche servizio di volontariato nei “Night Angels”, un’associazione che si occupava dei disperati che riempivano le strade nei gelidi inverni newyorkesi. Era allora che Jack, per la prima volta, aveva sentito parlare degli…
…altri.
Era Rachel che gliene aveva parlato, prima con diffidenza, limitandosi a chiudere il discorso quando le sue domande si facevano più insistenti, poi, dopo numerose insistenze, gli aveva raccontato delle strane sensazioni che provava quandi era in giro di notte, con gli Angels. Strane sensazioni, la vista di ombre fugaci nella notte, voci sussurrate come fossero portate portate dal vento, le sembrava quasi di essere osservata dagli occhi di invisibili presenze, gli altri, li aveva chiamati lei.
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Jack proseguì fino alla Madison Avenue e girò a destra, poco più avanti c’era un piccolo caffè dove si fermava spesso. Si infilò dentro, sorrise alla cameriera che non lo degnò di uno sguardo, e si sedette nel tavolo all’angolo, vicino alla vetrina che dava sulla strada. Il locale era praticamente deserto, quel tempo da lupi aveva scoraggiato anche i più temerari all’uscita serale. C’erano solo due poliziotti seduti al tavolo in fondo, probabilmente in pausa per qualcosa di caldo che permettesse al sangue di ricominciare a circolare dopo gli interminabili giri di ronda nell’auto di pattuglia e una coppia che sedeva al tavolo accanto al suo, probabilmente troppo innamorata per accorgersi del resto del mondo e del freddo pungente.
Gli piaceva quel locale, non era uno di quei luoghi chiassosi dove è necessario urlare per farsi sentire tanto è alto il volume della musica e nemmeno uno di quelli troppo conosciuti dove era necessario fare la fila per entrare… inoltre facevano una torta di mirtilli divina che Rachel adorava. Aveva perso il conto di quante volte era stato li con lei, era il loro posto preferito ed anche il tavolo dove Jack sedeva ora era il loro tavolo. Di solito la andava a prendere al parco, dopo il turno di volontariato, e passeggiavano con calma fin li. Quanti caffè, quante fette di torta, quante chiacchiere… quante risate…
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Già, gli altri… inizialmente Jack aveva pensato che Rachel si riferisse ad altri disperati esseri della notte, troppo spaventati dalla vita per mostrarsi o talmente abituati a nascondersi al mondo tanto da essere riusciti a mimetizzarsi con la città stessa.
Ma Rachel non si riferiva a loro, i suoi altri, disse una sera seduti proprio a quel tavolo di quello stesso locale, non erano reali, o meglio lei non credeva lo fossero… perlomeno secondo la normale concezione del termine reale. No, lei era giunta alla conclusione che quegli… altri erano anime disperate, disperse. Anime che, per qualche recondito motivo, non erano riuscite o non volevano passare oltre. Come era giunta a questa conclusione Jack non sapeva dirlo, ma Rachel aveva sempre avuto una particolare predisposizione per il soprannaturale ed il mistero e non era la prima volta che accennava ad eventi che non propriamente potevano essere spiegati logicamente.
Aggiunse inoltre che quelle sensazioni, quelle percezioni, le giungevano solo di notte come se la luce del giorno offuscasse la loro presenza.
Jack aveva riso a questa spiegazione, risata che gli era valsa una notte sul divano. Rachel si era arrabbiata, anzi, infuriata era il termine più adatto.
Non l’aveva mai vista così…
E non aveva nemmeno mai fatto in tempo a scusarsi…
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Fuori aveva ripreso a nevicare, il barbone di prima passò davanti al locale e guardò dentro, i loro occhi, per un attimo, parvero incrociarsi, ma il suo sguardo passò oltre; l’occhiataccia della cameriera lo fece desistere dall’entrare a chiedere qualche spicciolo o un caffè caldo e proseguì per la sua strada, fantasma in una città addormentata.
Se Rachel fosse stata li sarebbe uscita ed avrebbe invitato il barbone a sedersi con loro, gli avrebbe offerto una tazza di caffè ed una fetta di torta e lo avrebbe invitato in uno dei loro ricoveri notturni.
Rachel era fatta così… e lui l’aveva amata anche per questo… l’amava ancora… dopo due anni… tanto era passato da allora.
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Il giorno dopo la discussione sugli altri erano stati invitati a cena da una coppia di loro amici, New York non è la città più adatta per girare in auto, Jack e Rachel di solito si muovevano in metrò o in taxi o, se le distanze ed il tempo lo permettevano, a piedi. Decisero di incontrarsi alla 96° St. Station della metro, proprio davanti a Central Park, dopo il lavoro, e di recarsi dai loro amici passeggiando, era una serata particolarmente mite e la distanza era breve per due che come loro amavano camminare. Fra loro non si era ancora sciolto il gelo della sera precedente, Jack aveva intenzione di scusarsi, ma, come al solito, non trovava le parole adatte, continuarono così a camminare in silenzio. Rachel decise di tagliare per Central Park, Jack la seguì…
…due balordi in cerca di qualche spicciolo per la dose quotidiana, una parola di troppo, un gesto male interpretato e la morte aveva spezzato la loro felicità…
Era da allora che erano iniziati gli incubi.
Ma chiamarli incubi era riduttivo.
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Il locale iniziava a svuotarsi, l’ora di cena era finita da un pezzo, scivolata su Jack così come i suoi ricordi. I poliziotti erano già tornati da tempo al loro lavoro, la coppia di innamorati si stava alzando proprio in quel momento, continuando ad ignorare il resto del mondo. Jack si ritrovò a fissare l’annoiata espressione della cameriera che, appoggiata al bancone, scriveva qualcosa sul taccuino delle ordinazioni.
Poesie? Pensieri? Chissà cosa passava per la testa di quella giovane donna, magari, pensò Jack, era solo la lista della spesa.
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Erano iniziati come sogni, vaghe reminiscenze di un sonno profondo, fosche visioni notturne, alle quali, inizialmente, non aveva dato molto peso. Era ovvio, si diceva, dopo quello che è successo, fare sogni del genere.
Poi le cose erano peggiorate, inizialmente erano solo sensazioni, poi erano iniziate le allucinazioni.
La vedeva, vedeva ancora Rachel…
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Uscì dal locale e si avviò nuovamente verso il parco, il traffico era sempre più scarso, la nevicata aveva nuovamente ripreso ad imbiancare le strade e si faceva sempre più fitta rendendo scarsa la visibilità. Anche i barboni, che di solito si vedevano rovistare i cassonetti sparsi per la città, erano ormai rintanati sotto i loro ponti nascosti sotto cartoni unti e logori.
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La prima volta era stata la visione di un attimo, aveva fortemente dubitato delle sue facoltà mentali, si diceva che era solo frutto della sua fantasia o di una incredibile somiglianza, poi, qualche tempo più tardi, l’aveva rivista nelle vesti di volontaria con i “Night Angels”, proprio in Central Park.
Troppo per essere una coincidenza.
Aveva notato da lontano un piccolo assembramento, proprio ai bordi del parco. Tre persone intorno ad una quarta stesa a terra, probabilmente un barbone, accanto a loro era fermo un furgone con l’inconfondibile stemma dell’associazione che lui conosceva così bene.
Aveva avuto un tuffo al cuore notandolo, cuore che si era quasi fermato quando una di quelle tre persone si era voltata per salire sul furgone. Nonostante la distanza e la sua parte razionale gli dicesse che tutto questo era impossibile era lei, era certo fosse lei.
L’emozione gli fece perdere l’attimo giusto e mentre muoveva i primi passi verso il gruppetto il furgone partì. Corse gridando il suo nome a perdifiato e, attraverso il finestrino, la vide, vide Rachel girarsi con aria perplessa… poi il furgone girò l’angolo e si perse nella notte.
Da allora, ogni notte, vagava per ore per le vie della città, preferendo la zona di Central Park.
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Appena giunto sulla 5th Avenue la vide… era dall’altra parte della strada, il solito giaccone con il solito logo degli Angels, la solita camminata elegante, anche in frangenti come quelli. Era lei, non potevano esserci dubbi, in quel momento dimenticò tutta la sua razionalità, non cercava spiegazioni logiche, voleva solo Rachel.
Iniziò a correre verso di lei urlando il suo nome, Rachel si voltò stupita ma parve non vederlo, Jack non si accorse dell’auto che sopraggiungeva a forte velocità, fece appena in tempo a voltarsi e a rendersi conto che il guidatore non aveva nemmeno accennato ad una frenata, incrociò le braccia davanti al volto, in un ultimo disperato ed inutile tentativo di proteggersi, ed attese la fine.
L’auto non lo scalfì nemmeno, semplicemente lo attraversò…
…nonostante la conoscesse già, la verità lo schiaffeggiò con violenza, sapeva che non sarebbe mai riuscito a ritrovare Rachel, lei era viva… lui… uno degli altri.