IL VIAGGIO
“…dobbiamo andare e non fermarci mai finche’ non arriviamo.”
“Per andare dove, amico?”
“Non lo so, ma dobbiamo andare…”
J. Kerouac
I
Si svegliò presto quella mattina, il chiarore dell’alba era appena visibile lungo la linea dell’orizzonte, ancora talmente debole da non riuscire a diradare le ombre della notte. Nonostante l’estate avanzata rabbrividì alla fresca brezza mattutina, si strinse nel vecchio giaccone che aveva sicuramente visto tempi migliori e si alzò a sedere.
Scartò subito l’ipotesi di un caffè caldo, era ancora troppo buio per accendere un fuoco, si sarebbe visto a miglia di distanza e non era certo quel che voleva. Si accontentò del caffè avanzato dal giorno prima e di una barretta energetica, ne aveva in quantità, erano leggere da portare ed occupavano poco spazio.
Ripiegò il sacco a pelo e lo fissò allo zaino, aveva intenzione di mettersi in marcia quanto prima per riuscire a coprire la maggior distanza possibile durante il giorno, la notte non viaggiava mai.
Appena il sole illuminò il nuovo giorno si avviò con passo deciso verso sud, evitava con cura strade ed autostrade, anche se questo significava aggiungere altre miglia al già lungo percorso. Dopo quello che aveva visto preferiva evitare ogni possibile incontro.
II
David era chino sul microscopio da ore, era stanco, gli bruciavano gli occhi e voleva solo andarsene a casa, farsi una doccia ed infilarsi sotto le coperte, ma al laboratorio, così gli addetti ai lavori chiamavano quello che tutti conoscevano come Area 51, i permessi ed i riposi erano stati sospesi fino a nuovo ordine.
Per David questa era la prova che qualcosa di molto grave stava per accadere o peggio… era già accaduto. Molto più grave delle tante emergenze che aveva già vissuto in quel luogo, più grave dell’influenza suina del 2010 che pure aveva fatto cinquanta milioni di morti.
Si perchè il laboratorio, a differenza di quanto tutti credevano, non era affatto un deposito di dischi volanti o un centro per esperimenti ed autopsie sugli alieni, niente di tutto ciò, era, molto più semplicemente, un centro per la ricerca batteriologica, ma quel che credevano tutti faceva decisamente comodo al governo.
III
A mezzogiorno si fermò per uno spuntino, in una delle rare escursioni in una delle tante cittadine disseminate lungo la strada aveva preso qualche barattolo di legumi da un market, si sedette sotto un albero ed aprì la scatola.
Cinque mesi, cinque maledetti mesi erano passati da quel giorno quando, sotto i suoi occhi, il mondo era improvvisamente cambiato. Come nel peggior film catastrofico, all’avvicinarsi della fine gli esseri umani erano impazziti, si erano dati a violenze, razzie, omicidi, senza nulla che giustificasse un comportamento simile. Ricordava le violenze e le razzie del dopo Katrina a New Orleans, ma quelle le aveva solo viste in TV, sembravano irreali ed erano nulla confrontate a quel che aveva visto di persona.
Evidentemente l’avvicinarsi della morte o l’aver assistito ad eventi catastrofici viene considerata una giustificazione per dare sfogo ad impulsi repressi…
In questi mesi aveva visto l’odio negli occhi delle poche persone che aveva incrociato lungo la strada, odio e paura, era per questo che cercava di evitare le strade principali, per evitare spiacevoli incontri con gli immuni… così oramai chiamava i sopravvissuti.
Finito il magro pasto si rialzò, diede uno sguardo alla mappa, si guardò attorno e riprese il cammino.
IV
David non aveva i dettagli della situazione, era un semplice tecnico e nessuno dava dettagli ai tecnici, riceveva solo informazioni relative al compito che gli era stato assegnato, informazioni riservatissime e personali, nessuno conosceva compiti ed informazioni degli altri tecnici, ognuno aveva una tessera del puzzle, ma nessuno aveva la possibilità di completarlo.
Stavolta dubitava persino che il suo capo, l’energica dottoressa Laura Johnson, avesse tutte le tessere, almeno a giudicare dall’aria dubbiosa e perplessa che vedeva apparire sul suo volto durante le continue telefonate che riceveva.
All’aria dubbiosa e perplessa si aggiungeva, mano a mano che il tempo trascorreva, anche un velo di paura… sempre più evidente.
V
La strada scorreva lenta sotto i suoi piedi, la stanchezza era tanta, ma era tanta anche la voglia di arrivare a destinazione, si concesse qualche minuto di riposo ed un sorso d’acqua. Prima di fermarsi per la notte aveva intenzione di fare ancora qualche miglio in direzione delle montagne, lì avrebbe potuto trovare un posto migliore per accamparsi. Sognava un morbido letto, le sembravano passati secoli dall’ultima volta che ne aveva usato uno, quello della camera 306 del Westin Hotel di Cincinnati, dove si trovava quando tutto era era iniziato.
Stava seguendo un corso di aggiornamento, quando la presentazione che stava seguendo era stata interrotta ed il personale dell’albergo aveva proiettato sullo schermo della sala conferenze il notiziario che veniva trasmesso a reti unificate. Aveva subito provato a chiamare casa, ma non era riuscita a prendere la linea e subito dopo tutte le comunicazioni erano state improvvisamente interrotte. Dopo innumerevoli annunci in TV nei quali si invitava la popolazione a stare calma la situazione era precipitata improvvisamente, le persone avevano iniziato a morire come mosche, niente sintomi, si accasciavano al suolo e rimanevano lì. Non tutti però, alcuni, pochi, molto pochi, sopravvivevano, gli immuni…
VI
Il Livello 2 di allarme era appena scattato, David sbiancò davanti al microscopio, mai, nei suoi 15 anni al laboratorio, si era arrivati al Livello 2 -“Contaminazione in atto”- era l’indice che qualcosa era fuggito dalle camere di contenimento sei piani sotto il suo ufficio e quel qualcosa non era nulla di buono. Se fossero passati al Livello 1 le porte stagne si sarebbero chiuse automaticamente impedendogli ogni via di fuga e difficilmente sarebbere mai uscito vivo dal laboratorio. Sperò con tutte le sue forze che si trattasse semplicemente di una esercitazione ma seppe che non era così dal volto terrorizzato della Johnson.
Il suo pensiero andò a Daniel, suo figlio, che si trovava 250 miglia miglia ad Ovest del laboratorio, si chiese se fosse al sicuro o se il virus avrebbe raggiunto anche Panguitch. Non poteva aspettare che le cose precipitassero, non avrebbe lasciato suo figlio solo in un momento come questo. Il suo ufficio era al livello di sicurezza minimo al laboratorio, il suo incarico era di quelli ritenuti meno strategici, riuscì ad allontanarsi e a raggiungere la sua auto, notò che anche molti degli addetti alla sicurezza stavano lasciando il loro posto, arrivati a quel punto gli ordini e la disciplina erano andati a farsi fottere lasciando il posto al panico.
Aveva oltre sei ore di viaggio davanti a se, sperava solo di avere tempo…
VII
Dopo i primi giorni di smarrimento trascorsi in una cantina dell’albergo in cui alloggiava per paura delle sommosse e delle violenze, era calato il silenzio. Dall’esterno non arrivava più nessun frastuono, niente sirene, niente urla o spari, solo qualche latrato in lontananza. Con un po di coraggio aveva abbandonato il suo rifugio ed aveva iniziato il viaggio di ritorno, aveva provato ad usare la sua automobile, ma presto aveva dovuto desistere, era impossibile viaggiare, troppe auto abbandonate in mezzo la strada, troppi incidenti ed il rischio di attirare persone indesiderate, abbandonata l’auto aveva proseguito a piedi evitando il più possibile strade principali e città, un viaggio che avrebbe preso un paio di ore in aereo o una giornata in macchina si era trasformato in una marcia infinita.
Erano passati quasi cinque mesi da quel giorno, due settimane ancora, forse qualcosa di più, poi avrebbe potuto finalmente riposare, comunque fossero finite le cose. Non aveva idea di cosa avrebbe trovato una volta raggiunta la destinazione, non aveva nemmeno più la forza di sperare.
VIII
David fece in tempo, raggiunse Panguitch in piena notte, sembrava tutto tranquillo, raggiunse casa sua e trovò il piccolo Daniel con Dana, la loro governante, la TV era accesa sul notiziario… la voce era già arrivata ai media. David ringraziò Dana e la congedò, abbracciò Daniel, si sedette con lui sul divano e rimase in attesa.
Sperò solo di non dover attendere troppo e che la fine fosse rapida ed indolore.
IX
Entrò in città nel tardo pomeriggio, la situazione non era molto diversa dalle altre città che aveva visto, morte e distruzione ovunque, il tanfo era insopportabile sotto al caldo sole estivo. La sua casa era al 38 della National 200 West, quasi dalla parte opposta della città, una bassa costruzione di mattoni rossi con un grosso comignolo ed un un piccolo giardino sul davanti.
Trovò la lettera sul tavolo del salone, la prese con mani tremanti e fra le lacrime lesse
“Non so quando o se leggerai mai questa lettera, non so se sei ancora viva e non so per quanto ancora resisteremo io e Daniel, è coraggioso sai? Non piange, ma chiede continuamente di te ed io non so cosa dirgli.
Il telefono non funziona più da giorni ormai, tutte le comunicazioni sono state interrotte subito dopo l’incidente, e mettersi in contatto con te è stato impossibile e questa è la cosa che sopporto meno, non riuscire a vederti, sentirti, baciarti per l’ultima volta amore mio.
La città è quasi deserta, tanti sono fuggiti sperando di evitare il contagio, quelli rimasti sono barricati in casa, non so se ci saranno sopravvissuti quando tutto questo sarà terminato.
Tutto questo amore mio è colpa nostra, lo abbiamo fatto, alla fine ci siamo riusciti, non abbiamo imparato nulla dagli errori e dalle tragedie precedenti, eravamo convinti di poter controllare tutto ma non è stato così, dopo tanti tentativi siamo riusciti ad autodistruggerci.
Le cose che vorrei dirti sono così tante e mi rendo conto anche inutili in questo momento, possono essere racchiuse in due semplici parole
Ti amo
tuo David, Addio”
Juliet si lasciò cadere a terra, la forza che l’aveva aiutata a sopportare cinque lunghi mesi di caldo, fatica, marce forzate l’aveva improvvisamente abbandonata, si sentiva vuota, le sue due uniche ragioni di vita, quelle che le avevano dato la forza per tornare a casa erano distese sul letto nella camera accanto al salone, prive di vita, unite in un ultimo abbraccio.
Il mondo fuori continuava a vivere.
Solo.
“Il Viaggio” di Marco Miserini è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.